Questa lavorazione conferisce la massima lucentezza e specularità al materiale, ne esalta le tonalità cromatiche mettendo in evidenza i contrasti dovuti alle venature e ne favorisce una maggiore durata.
Conferisce alla superficie del materiale lapideo planarità, ma non specularità e produce un buon effetto di determinazione del colore della roccia, pur mantenendolo ancora su gradazioni opache.
Si tratta di una lavorazione più recente che costituisce un efficace compromesso tra esigenze pratiche ed estetiche. Consente di ottenere una superficie relativamente ruvida e rugosa caratterizzata, tuttavia, da una saturazione cromatica del materiale lapideo che si avvicina a quella ottenuta con la lucidatura.
Una lavorazione che permette di ottenere elementi “consumati”, ad imitazione dell’effetto prodotto dall’usura del tempo.
Conferisce alla superficie trattata un caratteristico aspetto ruvido e scabro che rimanda all’idea della pietra a spacco naturale.
Grazie all’impiego di un getto d’acqua ad alta pressione si ottiene una superficie rugosa simile alla fiammatura.
Si tratta di una delle più antiche tecniche di lavorazione superficiale. Produce una superficie irregolare, ruvida, segnata da una serie di punti profondi che alternano rilievi e depressioni di entità variabile. L’effetto estetico complessivo denota una caratteristica valenza grafica accentuata dai contrasti luminosi.
Eseguita in passato manualmente con un martello con superficie a cuspidi, la bocciarda, e realizzata oggi anche con macchine utensili, le bocciardatrici, è una lavorazione che produce una superficie rugosa ed una trama di punti chiari.
Caratterizza la superficie con segni allungati, valorizzati da effetti di chiaroscuro. Si tratta di una lavorazione tradizionale che può essere realizzata sia manualmente che a macchina con risultati diversi.
Eseguita dalla sabbiatrice, consente di ottenere una superficie ruvida e sbiancata con una scabrosità più fine rispetto a quella prodotta dai trattamenti a percussione.
Conferisce una finitura caratterizzata da solchi paralleli con andamento irregolare. È una lavorazione di tipo tradizionale realizzata manualmente mediante l’impiego della gradina, uno scalpello piatto con tagliente dentato.
È una finitura simile alla precedente, anch’essa caratterizza la superficie del materiale mediante la presenza di solchi con andamento irregolare. Viene eseguita manualmente con uno scalpello piatto.
Conferisce al materiale lapideo un aspetto ruvido dotato di piccolo solchi paralleli di larghezza e profondità variabili. Se eseguita con sistemi automatici permette di ottenere una superficie con lavorazione regolare, se eseguita a mano il risultato sarà caratterizzato da tratti leggermente ondulati ed alternati.
Produce sul materiale una tessitura con aspetto rigato regolare costituito dalla fitta giustapposizione di sottili solchi alternati a creste. È una lavorazione ottenibile esclusivamente a macchina anche se si ispira nell’aspetto alla tradizionale finitura alla gradina.
Presenta una sensibile attenuazione del colore di fondo della tessitura, del disegno e una planarità variabile in relazione al metodo utilizzato. Non si tratta di una vera e propria lavorazione superficiale, ma può essere adottata come finitura superficiale definitiva del materiale.
Si tratta di una finitura che interessa le coste del manufatto lapideo. Nel caso tale lavorazione riguardi invece solo la superficie a vista si ottiene un manufatto noto con il nome di spaccatello, impiegato piu’ comunemente per rivestimenti esterni.